Mario Marazziti
Gli Stati Uniti d’America sono al minimo storico da venti anni delle sentenze capitali e delle sentenze eseguite. Nel 1979 solo 16 Paesi avevano abolito la pena capitale, oggi 152 l’hanno abolita per tutti i crimini o non la usano da più di 10 anni. L’81% di tutte le esecuzioni dello scorso anno – non considerando la Cina su cui i dati risultano incerti – sono avvenuti in tre Paesi: Iraq, Arabia Saudita, Iran.
Vita e morte. La si può girare quanto si vuole, ma l’unica guarigione dalla morte e dalla violenza è meno violenza e più vita. E negli Usa c’è ora un passo avanti verso la guarigione della vita. Un antidoto alla malattia della polarizzazione violenta e del culto, mortale, delle armi. È una decisione dell’amministrazione Biden.
Evento "Cities For Life" - Città contro la pena di morte Organizzato da Sant'Egidio il 30 novembre al Colosseo |
Il ministro della Giustizia, l’Attorney general Merrick Garland, ha proclamato una moratoria ufficiale delle esecuzioni a livello federale, che è il campo della pena di morte che ricade sotto la giurisdizione del Presidente degli Stati Uniti, mentre tutte le altre esecuzioni dipendono dai singoli Stati.
Il Dipartimento di Giustizia avvia di nuovo uno studio sull’uso della pena capitale per valutare che non solo corrisponda alle leggi degli Stati Uniti, ma che sia anche amministrata senza discriminazioni: «fairly», e in maniera umana, «and humanely», cioè senza un’aggiunta di sofferenza o tortura. Da decenni il sistema giudiziario prova a dire che si può uccidere in maniera "umana", con molti corti circuiti. La discriminazione. è scritta nella storia e nella cronaca, negli Usa e nel resto del mondo.
Non è uno stop definitivo, ma conferma quanto promesso in campagna elettorale da Joe Biden, quando si è dichiarato contrario all’uso della pena capitale e ha annunciato il suo impegno per fermarla durante il suo mandato. È un piccolo grande passo, atteso da tempo, e l’inizio di una svolta che può diventare storica, anche se non blocca ancora per sempre le esecuzioni federali.
Fissa uno standard. Obama aveva avviato una revisione sulle modalità di esecuzione, che aveva portato a una pausa della morte di Stato. Poi era venuto Trump, e la pausa era finita. Le ultime tre esecuzioni, nel 2021, per paradosso, sono avvenute quando l’ex presidente era già un privato cittadino e il procuratore Barr si era dimesso. Colpo di coda letale della banalità burocratica. Ma Anche in quegli ultimi casi, non c’era rapporto con la promessa di "legge e ordine", e le elezioni erano già state perse.
Il 7 luglio 2020 a Terre Haute, in Indiana, l’esecuzione di Daniel Lewis Lee aveva avviato la più intensa e sanguinaria striscia di morte della storia dei presidenti americani. 13 esecuzioni last minute negli ultimi sei mesi di Trump , l’unico anno della storia americana in cui le sole esecuzioni federali hanno superato quelle di tutti gli Stati messi insieme.
Il 7 luglio 2020 a Terre Haute, in Indiana, l’esecuzione di Daniel Lewis Lee aveva avviato la più intensa e sanguinaria striscia di morte della storia dei presidenti americani. 13 esecuzioni last minute negli ultimi sei mesi di Trump , l’unico anno della storia americana in cui le sole esecuzioni federali hanno superato quelle di tutti gli Stati messi insieme.
In quello che normalmente chiamiamo il "semestre bianco", in quel 2020 in cui sono morti più di 300mila americani per Covid-19, quando il mondo intero mondo, da un ago, aspettava la speranza di vita del vaccino. Tra quelli che sono stati uccisi, una donna vittima di incesto e sfruttata fin dall’infanzia dalla propria famiglia, un disabile mentale, un teen-ager che non ha neppure premuto il grilletto, ma era accusato dagli autori materiali, che hanno ottenuto uno sconto di pena.
E ora Biden e il suo ministro della Giustizia hanno fermato le esecuzioni federali. È una svolta coraggiosa, anche se non definitiva, su uno dei terreni – l’altro è l’aborto – che in passato per l’attuale capo della Casa Bianca si sono dimostrati scivolosi.
Il democratico Biden aveva infatti appoggiato l’ampliamento dei casi in cui la pena capitale poteva essere comminata. Per questo il passo è ancora più significativo, ed è parte di un percorso anche personale.
Fa eco all’invito di papa Francesco al Congresso americano e ai governanti, riaffermato in più occasioni, espresso in maniera inequivocabile nel nuovo testo del Catechismo della Chiesa cattolica e in Fratelli tutti. La pena di morte è «inaccettabile» in ogni circostanza e «va contro la dignità di ogni persona umana», senza eccezioni.
Gli Stati Uniti d’America sono al minimo storico da venti anni delle sentenze capitali e delle sentenze eseguite. Nel 1979 solo 16 Paesi avevano abolito la pena capitale, oggi 152 l’hanno abolita per tutti i crimini o non la usano da più di 10 anni. L’81% di tutte le esecuzioni dello scorso anno – non considerando la Cina su cui i dati risultano incerti – sono avvenuti in tre Paesi: Iraq, Arabia Saudita, Iran.
E in tutto il mondo ci sono state esecuzioni in altri 17 Paesi. Gli Usa, al loro vertice, scelgono adesso la parte dove stare, senza pena di morte. E questo contribuisce all’accelerazione di una storia in cui la pena capitale può entrare nell’armamentario del passato, come la schiavitù e la tortura. La vita è un po’ più forte.
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