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sabato 11 settembre 2021

Cechia - "Mea culpa" di Praga che risarcisce centinaia di donne rom sterilizzate a loro insaputa fino al 2012. La Slovacchia ancora non si pronuncia.

Europa Today
La Cechia ha ammesso le sue responsabilità per il programma di eugenetica condotto a partire dagli anni '70 e sopravvissuto anche alla fine del blocco sovietico.


Quando Elena Gorolova diede alla luce il suo secondo figlio aveva appena 21 anni. "Il dottore mi disse che avrei dovuto partorire tramite un taglio cesareo altrimenti avrei rischiato la salute mia e del bambino". Le carte che le diedero da firmare prima dell'intervento, però, contenevano un'altra realtà: la giovane donna, sconvolta dai dolori del parto, non le lesse e le siglò. Autorizzando, senza volerlo, un'operazione che la rese sterile a vita. Quella di Gorolova è solo una delle centinaia di donne, soprattutto di etnia rom, che finirono a loro insaputa nel programma di eugenetica guidato dal governo dell'allora Cecoslovacchia, agli inizi degli anni '70. 

A distanza di quasi mezzo secolo d'allora, Praga ha deciso di risarcire le vittime con un assegno pari a 300mila corone, circa 12mila euro.

Il presidente Milos Zeman ha infatti riconosciuto le responsabilità dello Stato ceco nel programma di eugenetica, condotto non solo fino al 1993, ossia quando Praga, ormai uscita dal blocco sovietico, si separò dalla Slovacchia e mise fine ufficialmente alla campagna di sterlizzazione, ma anche negli anni successivi. 

Solo nel 2012 i legislatori cechi introdussero una norma per bloccare quella che era diventata ormai una prassi consolidata. Nessuno sa quante donne siano state sottoposte a questa campagna di sterilizzazione,  scrive il Guardian. Il Centro europeo per i diritti dei rom afferma che siano centinaia, ma mancano stime affidabili. 

L'ultima denuncia risale al 2007, a conferma che la prassi di sterilizzare le donne rom era andata avanti anche dopo lo stop ufficiale al programma. Con l'obiettivo non dichiarato di fermare la proliferazione di rom nel Paese.

In Cechia vivono tra i 250mila e i 300mila rom su una popolazione di circa 10 milioni di abitanti. E da tempo Praga è sotto accusa da parte delle organizzazioni internazionali, Onu e Consiglio d'Europa compresi, per le discriminazioni nei confronti di questa minoranza da parte delle autorità pubbliche. 

Discriminazioni che iniziano già da piccoli, con i bambini esclusi dal sistema scolastico o inseriti in classi ad hoc con alunni che provengono da contesti svantaggiati o che soffrono di ritardi mentali. Nel 2017, il governo avviò un censimento dei rom accusato di essere “disumano, contrario all’etica, se non addirittura razzista”: Praga inviò alle amministrazioni locali la richiesta di indicare quanti fra gli abitanti “sono considerati rom da una parte significativa del loro ambiente, sulla base di indicatori reali o presunti di carattere antropologico, culturale e sociale”.


In questo contesto si inserisce la battaglia di Gorolova, oggi 51enne e assistente sociale, che aiutata da alcune ong per i diritti umani ha raccolto le testimonianze di chi, come lei, è stata sterilizzata senza consenso. E ha portato il caso all'Onu. 

Le autorità ceche hanno a lungo cercato di nascondere lo scandalo, ma la mobilitazione internazionale ha avuto alla fine la meglio. 

Per Barbora Cernusakova, attivista di Amnesty International, si tratta di una prima vittoria per il risarcimento di tutte le donne vittime di questo programma. 

Il riferimento è alla Slovacchia, che ha partecipato al programma almeno fino al 1993 e che non ha ancora riconosciuto le sue responsabilità. Ma Cernusakova ricorda anche la più generale discriminazione di cui soffrono i rom in Cechia, dalle scuole al mercato del lavoro. "Affrontare queste forme di violazione dei diritti umani richiedere un forte impegno da parte del governo centrale e delle autorità locali e il riconoscimento che i rom sono cittadini come gli altri, i cui diritti devono essere protetti", ha detto al Guardian.

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