Tredici in Colombia, tre in Brasile e in Honduras, uno in Messico oltre a quattro giornalisti, sempre in Messico.
Questo è lo sconcertante totale dei difensori e delle difensore dei diritti umani assassinati nel mese di gennaio nelle Americhe, che si confermano ulteriormente come il continente più pericoloso per chi svolge attività sociali, indaga sulle malefatte delle istituzioni o si prende cura dei gruppi più vulnerabili.
Diciotto delle persone assassinate si occupavano di protezione del territorio e dell’ambiente. Come Pablo Isabel Hernandez, leader nativo dell’Hondurasucciso il 9 gennaio, che dalla sua emittente radiofonica denunciava i rischi per l’ambiente nel dipartimento di Lempura. O come Melvin Geovany Mejia, fatto fuori il 22 gennaio a causa del suo impegno nella difesa dei diritti dei nativi Tolupa, sempre in Honduras.
La situazione della Colombia rimane sempre la più grave. Il 17 gennaio, a Puerto Gaitan, è stato ritrovato il corpo di Luz Marina Arteaga, difensora dei diritti dei contadini nel dipartimento di Meta. Una settimana dopo è stato ucciso Albeiro Camayo Guetio, ex coordinatore regionale della Guardia nativa della riserva Las Delicias, nel dipartimento di Cauca.
In Brasile, tre persone di una stessa famiglia sono state uccise il 9 gennaio nello stato di Para. Erano conosciute per il loro impegno nella protezione delle tartarughe e nella difesa dell’ambiente.
Il 27 gennaio la difensora messicana dei diritti umani Ana Luisa Garduno è stata uccisa nello stato di Morelos. Cercava giustizia per il femminicidio di sua figlia e ignoti le hanno riservato la stessa sorte.
Sempre in Messico, sono stati assassinati quattro giornalisti: José Luis Gamboa Arenas, Lourdes Maldonado, Alfonso Margarito Martínez Esquivel e Roberto Toledo.
Riccardo Noury
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