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lunedì 25 aprile 2022

Il Texas sospende, a 24 ore dall'esecuzione, la condanna a morte di Melissa Lucio accusata dell'omicidio della figlia

La Repubblica
La donna ha sempre sostenuto di essere innocente. Madre di 14 figli, i suoi avvocati hanno ottenuto la sospensione della pena dalla Corte d'Appello

Melissa Lucio

E' stata sospesa la condanna a morte in Texas di Melissa Lucio, madre di 14 figli, accusata della morte di una di loro. Lo ha deciso la Corte d'appello secondo quanto riferiscono i suoi avvocati. La donna si è sempre detta innocente e negli ultimi giorni la sua famiglia e gli attivisti hanno moltiplicato gli appelli per fermare la sua esecuzione. 

Lucio è stata condannata con l'accusa di aver ucciso nel 2007 la figlia Mariah, 2 anni, nella contea di Cameron. La bimba, secondo la difesa, è deceduta per le ferite interne riportate due giorni dopo una caduta accidentale, mentre l'accusa sostiene che sarebbe stata picchiata.

domenica 24 aprile 2022

I due confini polacchi: uno aperto ai profughi dall'Ucraina, nell'altro un muro, con respingimenti e arresti, per gli altri rifugiati dalla Bielorussia

Europa Today
Varsavia sta accogliendo milioni di persone in fuga dalla guerra, ma non ha fatto lo stesso con i profughi mediorientali che arrivavano dalla Bielorussia
Rifugiati respinti al confine tra Polonia e Bielorussia 
La Polonia è uno Stato di frontiera dell’Unione europea, nel senso che parte dei suoi confini terrestri “affacciano” su Paesi non-membri. Nella fattispecie, il confine orientale è condiviso con Ucraina e Bielorussia. 
E queste due frontiere sono lo specchio della politica dell'accoglienza di Varsavia. Mentre uno e aperto e i rifugiati ucraini sono accolti calorosamente, nell'altro c'è un muro per bloccare i profughi (in larga parte mediorientali) che arrivano dalle foreste bielorusse.

Infatti, il governo polacco ha avviato la costruzione di una barriera con tanto di filo spinato per tenerli fuori.
Rifugiati ucraini accolti e assistiti al confine tra Polonia e Ucraina
Sono già oltre 2 milioni e mezzo gli ucraini che hanno attraversato il confine polacco per scappare dalla guerra. Varsavia si è dimostrata estremamente disponibile nell’accoglienza di questa massa di rifugiati, al punto che alcuni analisti stanno iniziando a domandarsi se la Polonia abbia le risorse necessarie per mantenere nel proprio territorio tutte queste persone per un periodo di tempo indefinito.

Si è trattata di una pulsione di solidarietà inusuale, per uno dei governi da sempre più restio all'accoglienza di chi scappa da fame o guerre. Anche i cittadini a migliaia si sono recati al confine con l’Ucraina per portare cibo e altri aiuti, caricandosi personalmente nei veicoli i profughi. Le autorità di Varsavia hanno incentivato l’atteggiamento accogliente dei polacchi, incassando i dividendi politici di una mossa che le ha messe sotto una luce migliore a Bruxelles (dove il Pnrr polacco è ancora bloccato a causa delle violazioni degli standard democratici Ue).

E, nel quadro della risposta europea all’emergenza della guerra, i profughi ucraini possono rimanere in Polonia e lavorare fino a 18 mesi (prorogabili), possono usare gratuitamente i mezzi pubblici e hanno accesso al sistema sanitario e a sussidi per i minori. L’Ue ha garantito ai rifugiati dall’Ucraina uno status di protezione speciale per 3 anni.
Ma il trattamento riservato ad altri profughi, sull’altro confine esterno della Polonia, è diametralmente opposto. La frontiera è sorvegliata da migliaia di guardie di confine, agenti di polizia e militari. Ed il governo sta accelerando i lavori per completare una recinzione di metallo e filo spinato lunga oltre 186 chilometri, avviata lo scorso ottobre e che deve diventare “impenetrabile”.
Quando lo scorso autunno il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha invitato decine di migliaia di profughi mediorientali nel proprio Paese per poi spingerli verso i confini Ue, gli Stati membri limitrofi (Polonia, Lettonia e Lituania) hanno risposto chiudendo le frontiere. E non sono mancati i respingimenti illegali, con le autorità polacche che spesso non prendevano neanche in carico le richieste di asilo. Ora la tensione si è allentata e la maggior parte dei migranti sono stati rimpatriati da Minsk, ma ce ne sono ancora lungo il confine, dove hanno passato l’inverno.

Qual è la differenza? Per Stanislaw Zaryn, portavoce del ministero dei Servizi speciali, quello che arriva dalla Bielorussia è “un movimento migratorio artificiale creato dal regime di Lukashenko e orchestrato dai servizi bielorussi”, che è “diverso dal movimento di coloro che fuggono dalla guerra condotta dalla Russia contro l’Ucraina”.

Una spiegazione che però non convince l’opposizione. Janina Ochojska, eurodeputata del Partito popolare europeo (che osteggia il partito di governo polacco, l’ultra-nazionalista PiS, che siede con Fratelli d’Italia nel gruppo dei Conservatori e riformisti), ha parlato di una “grossolana ipocrisia”. Secondo lei, la differenza sta nel fatto che gli ucraini sono “bianchi, cristiani e parlano una lingua simile”, al contrario dei profughi iracheni, siriani, afgani e yemeniti che arrivavano dalla Bielorussia.

Le autorità di Varsavia negano anche le pratiche illegali di respingimento: “Se troviamo dei migranti li aiutiamo, non ci sono respingimenti. Se qualcuno vuole chiedere di rimanere in Polonia, lo accettiamo”, ha dichiarato Anna Michalska, portavoce della guardia di frontiera polacca. “Ma la maggior parte di queste persone vuole solo andare in Germania. Vogliono i benefici che ci sono lì. Non siamo un servizio di taxi”.

Ochojska ha smentito anche questa versione. “Abbiamo visto tre siriani respinti otto volte dalle guardie di frontiera polacche”, ha detto. “Stavano chiedendo, in dichiarazioni scritte in polacco, asilo in Polonia. Abbiamo chiamato le guardie di confine e loro sono venuti, ci hanno spinto da una parte, hanno preso i passaporti di quelle persone e le hanno portate via in un camion”, ha aggiunto. “Il giorno dopo il portavoce della guardia di frontiera ha negato che avessero avuto i documenti”.
La guardia di frontiera ha detto che l’anno scorso ha arrestato 2.744 immigrati illegali e ha impedito 33.776 tentativi di attraversare il confine bielorusso. Secondo gli attivisti, oltre 20 persone sono morte tentando la traversata. Droni, telecamere a infrarossi, elicotteri e circa 13mila soldati pattugliano il muro.
Dall’altra parte del filo spinato, chi aiuta i migranti mediorientali a varcare la frontiera viene arrestato e rischia diversi anni di reclusione per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (con l’area chiusa a giornalisti e gruppi per la tutela dei diritti umani). E continuano i respingimenti verso un Paese che la Russia usa come base per gli attacchi in Ucraina. Mentre, sull’altro confine, i volontari che aiutano gli ucraini a fare lo stesso sono lodati dal governo, e i militari polacchi forniscono aiuto e materiale ai rifugiati.

Francesco Bortoletto

mercoledì 20 aprile 2022

Nell'Afghanistan dimenticato da gennaio sono morti 13.000 neonati per malnutrizione. Onu: 95% afgani non ha cibo sufficiente

Askanews
Hrw rilancia allarme Kabul; Onu: 95% afgani non ha cibo sufficiente.
Circa 13.000 neonati sono morti dall’inizio dell’anno in Afghanistan per malnutrizione e malattie causate da povertà e cattiva alimentazione. E’ quanto denuncia Human Rights Watch, rilanciando l’allarme del ministero della Sanità afgano sul tasso di mortalità infantile nel Paese.



Nei giorni scorsi, il vice rappresentante speciale Onu per l’Afghanistan, Ramiz Alakbarov, ha denunciato che “il 95% della popolazione non mangia cibo a sufficienza, con questa percentuale che sale a quasi il 100% per i capifamiglia di sesso femminile” e che “i tassi di malnutrizione acuta sono alti in 28 province su 34, con oltre 3,5 milioni di bambini che necessitano di cure nutrizionali”.

“Le persone in Afghanistan si trovano oggi ad affrontare una crisi di insicurezza alimentare e malnutrizione di proporzioni senza precedenti – ha aggiunto Alakbarov, che è anche coordinatore degli aiuti umanitari – il rapido aumento di quanti soffrono la fame acuta, da 14 milioni di luglio 2021 a 23 milioni a marzo 2022 – ha costretto le famiglie a ricorrere a misure disperate come saltare i pasti o a fare debiti senza precedenti per assicurarsi che ci sia del cibo in tavola alla fine della giornata”.



sabato 16 aprile 2022

La decisione di Boris Johnson di "delocalizzare" gli immigrati in Ruanda. Ferma opposizione delle Nazioni Unite. I rifugiati non sono merce!

La Repubblica
La nota dell'UNHCR. "Le persone che fuggono da guerre, conflitti e persecuzioni non dovrebbero essere scambiate come merci". I Paesi ricchi ospitano solo una frazione dei rifugiati globali

Dopo gli annunci pubblici fatti giovedì dal primo ministro britannico, Boris Johnson, a proposito dell'invio in Ruanda dei migranti che si trovano attualmente all'interno dei confine dell'UK, l’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, ha espresso "forte opposizione e preoccupazione per i piani di esternalizzare gli obblighi di asilo e ha esortato il Paese ad astenersi dal trasferire i rifugiati in Ruanda per l’esame delle richieste di asilo.

"I profughi non sono merce". “L’UNHCR - si legge in una nota diffusa dall'organismo delle Nazioni Unite e firmata da Gillian Triggs, assistente dell'Alto Commissario dell’UNHCR per la Protezione - rimane fermamente contraria ad accordi che cercano di trasferire rifugiati e richiedenti asilo in Paesi terzi, in assenza di salvaguardie e standard sufficienti. Tali accordi - si legge ancora nel documento - non fanno altro che spostare le responsabilità riguardanti l’asilo, eludono gli obblighi internazionali e sono contrari alla lettera e allo spirito della Convenzione sui Rifugiati. Le persone che fuggono da guerre, conflitti e persecuzioni meritano compassione ed empatia. Non dovrebbero essere scambiate come merci e trasferite all’estero per l’esame della loro richiesta di asilo”.

L'esternalizzazione aumenta i rischi. L’UNHCR ha esortato entrambi i Paesi a ripensare i piani. Ha anche avvertito che invece di dissuadere i rifugiati dal ricorrere a viaggi pericolosi, questi accordi di esternalizzazione non faranno altro che aumentare i rischi, inducendo i rifugiati a cercare canali alternativi, ed esacerbare le pressioni sugli stati in prima linea. 

Sebbene il Ruanda abbia generosamente fornito un rifugio sicuro ai rifugiati in fuga da conflitti e persecuzioni per decenni, la maggior parte vive in campi con un accesso limitato alle opportunità economiche. L’UNHCR ritiene che le nazioni più ricche debbano mostrare solidarietà nel sostenere il Rwanda e i rifugiati che già ospita, e non il contrario.

Gli obblighi del Regno Unito. Il Regno Unito ha l’obbligo di garantire l’accesso all’asilo a coloro che cercano protezione. Le persone a cui viene riconosciuto lo status di rifugiato possono essere integrate, mentre coloro che non hanno bisogni di protezione internazionale e non hanno altre basi legali per rimanere nel Paese, possono essere rimpatriati in sicurezza e dignità nella nazione d’origine. "L'UK, invece - si legge nella nota dell'UNHCR - sta adottando provvedimenti che abdicano la responsabilità ad altri e quindi minacciano il regime internazionale di protezione dei rifugiati, il quale ha resistito alla prova del tempo e ha salvato milioni di vite nel corso di decenni".

Nei Paesi ricchi solo una porzione dei rifugiati globali. "Eppure, il Regno Unito - prosegue il documento diffuso - ha sostenuto il lavoro dell’UNHCR molte volte in passato, e sta fornendo importanti contributi che aiutano a proteggere i rifugiati e a sostenere paesi in conflitto come l’Ucraina. Tuttavia, il sostegno finanziario all’estero per alcune crisi di rifugiati non può sostituire la responsabilità degli stati e l’obbligo di ricevere i richiedenti asilo e proteggere i rifugiati sul proprio territorio. E questo indipendentemente dalla razza, dalla nazionalità e dal canale di ingresso". Mentre l’UNHCR riconosce le sfide poste dalle migrazioni forzate, i Paesi sviluppati ospitano solo una frazione dei rifugiati globali e sono ben equipaggiati per gestire le richieste di asilo in modo umano, equo ed efficiente.

lunedì 11 aprile 2022

Le parole di Papa Francesco: saldo riferimento per non scivolare nella logica della guerra e cercare la pace in Ucraina

 Blog Diritti Umani - Human Rights

La guerra non può essere qualcosa di inevitabile: non dobbiamo abituarci alla guerra! Dobbiamo invece convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani. Perché, se da questa vicenda usciremo come prima, saremo in qualche modo tutti colpevoli. Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia. [Papa Francesco 27 marzo 2022] 

Ma oggi c’è la guerra. Perché si vuole vincere così, alla maniera del mondo? Così si perde soltanto. Si depongano le armi! Si inizi una tregua pasquale; ma non per ricaricare le armi e riprendere a combattere, no!, una tregua per arrivare alla pace, attraverso un vero negoziato, disposti anche a qualche sacrificio per il bene della gente. Infatti, che vittoria sarà quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie? [Papa Francesco 7 aprile 2022]

27 febbraio 2022 Con il cuore straziato per quanto accade in Ucraina – e non dimentichiamo le guerre in altre parti del mondo, come nello Yemen, in Siria, in Etiopia… –, ripeto: tacciano le armi! Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza. Perché chi ama la pace, come recita la Costituzione Italiana, «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» 

1 marzo 2022 - La guerra è una pazzia. Chi fa la guerra dimentica l'umanità. Com'è triste quando persone e popoli pensano a farsi la guerra. Tacciano le armi. 

13 marzo 2022Vorrei ancora una volta esortare all’accoglienza dei tanti rifugiati, nei quali è presente Cristo, e ringraziare per la grande rete di solidarietà che si è formata. Chiedo a tutte le comunità diocesane e religiose di aumentare i momenti di preghiera per la pace. Dio è solo Dio della pace, non è Dio della guerra, e chi appoggia la violenza ne profana il nome. Ora preghiamo in silenzio per chi soffre e perché Dio converta i cuori a una ferma volontà di pace.

14 marzo 2022Mi pare che sostanzialmente il mondo abbia continuato e continui a essere governato da criteri obsoleti. Per non parlare dell’ambito geopolitico-militare, dove diverse guerre regionali e specialmente la guerra in corso in Ucraina dimostrano che chi governa le sorti dei popoli non ha ancora recepito la lezione delle tragedie del XX secolo.

16 marzo 2022E adesso vi chiedo di pensare, di fare un pensiero: pensiamo a tanti bambini e bambine, ragazzi e ragazze che sono in guerra, che oggi in Ucraina stanno soffrendo. Sono come noi, come voi: sei, sette, dieci, quattordici anni e voi avete davanti un futuro, una sicurezza sociale di crescere in una società in pace. Invece questi piccoli, anche piccolissimi, devono fuggire dalle bombe. Stanno soffrendo tanto. Con quel freddo che fa lì … Pensiamo. Ognuno di noi pensi a questi bambini, a queste bambine, a questi ragazzi, a queste ragazze.

18 marzo 2022 - Noi siamo abituati a sentire notizie delle guerre, ma lontane. Siria, Yemen… abituali. Adesso la guerra si è avvicinata, è a casa nostra, praticamente. E questo ci fa pensare sulla “selvaticità” della natura umana, fino a dove siamo capaci di arrivare. Assassini dei nostri fratelli. Pensiamo a tanti soldati che sono inviati al fronte, giovanissimi, soldati russi, poveretti. 

Pensiamo a tanti soldati giovani ucraini; pensiamo agli abitanti, i giovani, le giovani, bambini, bambine… Questo succede vicino a noi. Il Vangelo ci chiede soltanto di non guardare da un’altra parte, che è proprio l’atteggiamento più pagano dei cristiani: il cristiano, quando si abitua a guardare da un’altra parte, lentamente diventa un pagano travestito da cristiano. 

Una guerra sempre – sempre! – è la sconfitta dell’umanità, sempre. Noi, colti, che lavoriamo nell’educazione, siamo sconfitti da questa guerra, perché da un’altra parte siamo responsabili. Non esistono le guerre giuste: non esistono!

Nel contesto provocato dalla guerra in Ucraina risalta ancora di più il valore di questo Patto Educativo, in ordine a promuovere la fraternità universale nell’unica famiglia umana, basata sull’amore. La preghiera per la pace va infatti accompagnata da un paziente impegno educativo, affinché i ragazzi e i giovani maturino la decisa consapevolezza che i conflitti non si risolvono con la violenza, non si risolvono con la sopraffazione, ma con il confronto e il dialogo. Ci saranno sempre dei conflitti: insegnare ai giovani come risolvere un conflitto. Non con la violenza, non con la sopraffazione ma con il confronto, il sano confronto, e il dialogo.

20 marzo 2022Non si arresta, purtroppo, la violenta aggressione contro l’Ucraina, un massacro insensato dove ogni giorno si ripetono scempi e atrocità. Non c’è giustificazione per questo! Supplico tutti gli attori della comunità internazionale perché si impegnino davvero nel far cessare questa guerra ripugnante.

E, per favore, non abituiamoci alla guerra e alla violenza! Non stanchiamoci di accogliere con generosità, come si sta facendo: non solo ora, nell’emergenza, ma anche nelle settimane e nei mesi che verranno. Perché voi sapete che al primo momento, tutti ce la mettiamo tutta per accogliere, ma poi, l’abitudine ci raffredda un po’ il cuore e ci dimentichiamo. Pensiamo a queste donne, a questi bambini che con il tempo, senza lavoro, separate dai loro mariti, saranno cercate dagli “avvoltoi” della società. Proteggiamoli, per favore.

21 marzo 2022A che serve impegnarci tutti insieme, solennemente, a livello internazionale, nelle campagne contro la povertà, contro la fame, contro il degrado del pianeta, se poi ricadiamo nel vecchio vizio della guerra, nella vecchia strategia della potenza degli armamenti, che riporta tutto e tutti all’indietro? Sempre una guerra ti riporta all’indietro, sempre. Camminiamo indietro. 

23 marzo 2022L’odio e la rabbia alla guerra io l’ho imparata da mio nonno che aveva combattuto al Piave nel 1914: lui mi ha trasmesso questa rabbia alla guerra. Perché mi raccontò le sofferenze di una guerra. E questo non si impara né nei libri né in altra maniera, si impara così, trasmettendola dai nonni ai nipoti. E questo è insostituibile. La trasmissione dell’esperienza di vita dai nonni ai nipoti. Oggi questo purtroppo non è così e si pensa che i nonni siano materiale di scarto: no! Sono la memoria vivente di un popolo e i giovani e i bambini devono ascoltare i nonni.

Vorrei prendere un minuto per ricordare le vittime della guerra. Le notizie delle persone sfollate, delle persone che fuggono, delle persone morte, delle persone ferite, di tanti soldati caduti da una parte e dall’altra, sono notizie di morte. Chiediamo al Signore della vita che ci liberi da questa morte della guerra. Con la guerra tutto si perde, tutto. Non c’è vittoria in una guerra: tutto è sconfitto. Che il Signore invii il suo Spirito perché ci faccia capire che la guerra è una sconfitta dell’umanità, ci faccia capire che occorre invece sconfiggere la guerra. Lo Spirito del Signore ci liberi tutti da questo bisogno di auto-distruzione, che si manifesta facendo la guerra. Preghiamo anche perché i governanti capiscano che comprare armi e fare armi non è la soluzione del problema. La soluzione è lavorare insieme per la pace e, come dice la Bibbia, fare delle armi strumenti per la pace. 

25 marzo 2022In questi giorni notizie e immagini di morte continuano a entrare nelle nostre case, mentre le bombe distruggono le case di tanti nostri fratelli e sorelle ucraini inermi. L’efferata guerra, che si è abbattuta su tanti e fa soffrire tutti, provoca in ciascuno paura e sgomento. Avvertiamo dentro un senso di impotenza e di inadeguatezza.

27 marzo 2022 - È passato più di un mese dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, dall’inizio di questa guerra crudele e insensata che, come ogni guerra, rappresenta una sconfitta per tutti, per tutti noi. C’è bisogno di ripudiare la guerra, luogo di morte dove i padri e le madri seppelliscono i figli, dove gli uomini uccidono i loro fratelli senza averli nemmeno visti, dove i potenti decidono e i poveri muoiono.

La guerra non devasta solo il presente, ma anche l’avvenire di una società. Ho letto che dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina un bambino su due è stato sfollato dal Paese. Questo vuol dire distruggere il futuro, provocare traumi drammatici nei più piccoli e innocenti tra di noi. Ecco la bestialità della guerra, atto barbaro e sacrilego!

La guerra non può essere qualcosa di inevitabile: non dobbiamo abituarci alla guerra! Dobbiamo invece convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani. Perché, se da questa vicenda usciremo come prima, saremo in qualche modo tutti colpevoli. Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia.

Prego per ogni responsabile politico di riflettere su questo, di impegnarsi su questo! E, guardando alla martoriata Ucraina, di capire che ogni giorno di guerra peggiora la situazione per tutti. Perciò rinnovo il mio appello: basta, ci si fermi, tacciano le armi, si tratti seriamente per la pace! Preghiamo ancora, senza stancarci

30 marzo 2022 E con questo saluto ai bambini, torniamo anche a pensare a questa mostruosità della guerra e rinnoviamo le preghiere perché si fermi questa crudeltà selvaggia che è la guerra.

3 aprile 2022Ma proprio dall’est Europa, dall’Oriente dove sorge prima la luce, sono giunte le tenebre della guerra. Pensavamo che invasioni di altri Paesi, brutali combattimenti nelle strade e minacce atomiche fossero ricordi oscuri di un passato lontano. Ma il vento gelido della guerra, che porta solo morte, distruzione e odio, si è abbattuto con prepotenza sulla vita di tanti e sulle giornate di tutti. E mentre ancora una volta qualche potente, tristemente rinchiuso nelle anacronistiche pretese di interessi nazionalisti, provoca e fomenta conflitti, la gente comune avverte il bisogno di costruire un futuro che, o sarà insieme, o non sarà. Ora, nella notte della guerra che è calata sull’umanità, per favore, non facciamo svanire il sogno della pace.

Quanto ci serve una “misura umana” davanti all’aggressività infantile e distruttiva che ci minaccia, di fronte al rischio di una “guerra fredda allargata” che può soffocare la vita di interi popoli e generazioni! Quell’“infantilismo”, purtroppo, non è sparito. Riemerge prepotentemente nelle seduzioni dell’autocrazia, nei nuovi imperialismi, nell’aggressività diffusa, nell’incapacità di gettare ponti e di partire dai più poveri. Oggi è tanto difficile pensare con la logica della pace. Ci siamo abituati a pensare con la logica della guerra. Da qui comincia a soffiare il vento gelido della guerra, che anche stavolta è stato alimentato negli anni. Sì, la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi. Ed è triste vedere come l’entusiasmo per la pace, sorto dopo la seconda guerra mondiale, si sia negli ultimi decenni affievolito, così come il cammino della comunità internazionale, con pochi potenti che vanno avanti per conto proprio, alla ricerca di spazi e zone d’influenza. E così non solo la pace, ma tante grandi questioni, come la lotta alla fame e alle disuguaglianze sono state di fatto derubricate dalle principali agende politiche.

6 aprile 2022Dopo la seconda guerra mondiale si è tentato di porre le basi di una nuova storia di pace, ma purtroppo – non impariamo – è andata avanti la vecchia storia di grandi potenze concorrenti. E, nell’attuale guerra in Ucraina, assistiamo all’impotenza della Organizzazione delle Nazioni Unite.

Le recenti notizie sulla guerra in Ucraina, anziché portare sollievo e speranza, attestano invece nuove atrocità, come il massacro di Bucha: crudeltà sempre più orrende, compiute anche contro civili, donne e bambini inermi. Sono vittime il cui sangue innocente grida fino al Cielo e implora: si metta fine a questa guerra! Si facciano tacere le armi! Si smetta di seminare morte e distruzione!

7 aprile 2022 Ma oggi c’è la guerra. Perché si vuole vincere così, alla maniera del mondo? Così si perde soltanto. Si depongano le armi! Si inizi una tregua pasquale; ma non per ricaricare le armi e riprendere a combattere, no!, una tregua per arrivare alla pace, attraverso un vero negoziato, disposti anche a qualche sacrificio per il bene della gente. Infatti, che vittoria sarà quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie?

domenica 3 aprile 2022

La guerra in Ucraina affama l'Africa, vittima collaterale ma non per questo minore. Di Marco Impagliazzo

La Nuova Sardegna
Ha sorpreso paesi che erano già alle prese con fragilità endemiche come sistemi sanitari ed educativi fortemente precari


E l'Africa? In questi giorni, in cui si parla giustamente quasi solo dell'Ucraina, poco ci si interroga sulle conseguenze che la guerra sta già producendo in quel continente. Terre che sono lontane da Kiev e da Mosca, ma solo geograficamente, perché gli effetti del conflitto hanno cominciato già a pesare, e in modo notevole, dal Cairo a Città del Capo. Si tratta di considerare il punto di partenza: una cosa è l'Europa o l'America del Nord, in cui certamente le economie già subiscono e subiranno duri colpi, ma che mostrano redditi pro capite elevati.

Un'altra cosa è l'Africa che nel suo complesso già prima dell'invasione russa dell'Ucraina non poteva certo vantare sicurezza, sviluppo, ricchezza e - in molti casi - anche libertà e democrazia.
In altre parole, la guerra ha sorpreso paesi che erano già alle prese con fragilità endemiche come sistemi sanitari ed educativi fortemente precari, disoccupazione a doppia cifra, disuguaglianze economiche e sociali, senza considerare i danni procurati dall'emergenza climatica e, soprattutto, da conflitti di cui si parla troppo poco ma che a volte esistono da anni.
È evidente quindi che non si possono fare due pesi e due misure tra il Nord e il Sud del mondo. Soprattutto, poi, quando scoppia una guerra che per le sue ripercussioni è già per forza di cose "mondiale" dal punto di vista dei suoi riflessi economici e sociali. 

L'Africa già aveva vissuto, negli ultimi due anni di pandemia, ricadute negative sul suo sistema economico. In molti paesi le misure di prevenzione - adottate con strategie molto diversificate - hanno messo in crisi una parte significativa della popolazione, che vive di economia informale all'80%: i lockdown iniziali e le successive limitazioni hanno costretto alla chiusura molti tra i piccoli mercati che sorgono spontaneamente un po' ovunque e, in particolare, gli ambulanti che vendono da mangiare per le strade delle grandi città.
Ma da quando è cominciata la guerra in Europa si è aggiunto l'aumento, in certi casi il raddoppio, del costo della vita. Il motivo è presto detto: si tratta di paesi importatori di grano e di mais, due prodotti leader di Russia e Ucraina che sono tra i maggiori partner commerciali di molti paesi del continente. 
Basta sapere che se nel 2021 una tonnellata di grano costava 180 euro e quella di mais 175 mentre oggi siamo rispettivamente a 440 e 314 euro. Una crescita esponenziale, che ha portato l'Onu a definire "a rischio" oltre 40 Stati africani, grandi clienti di questi alimenti acquistati dalle terre oggi in conflitto, sia per le popolazioni che per l'allevamento degli animali e per l'agricoltura. Altro grande prodotto di importazione il cui costo sta salendo alle stelle: l'olio di semi. E negli ultimi giorni, come si può immaginare, anche il prezzo della benzina e del petrolio.

Grandi paesi africani - pure in parte produttori di gas e petrolio - come Sudan, Nigeria, Tanzania, Algeria, Kenya e Sudafrica sono tra i maggiormente colpiti dalle ripercussioni della guerra. 

A tutto ciò si deve aggiungere la crisi climatica che continua a creare, in molte aree della fascia subsahariana, notevoli problemi legati alla progressiva desertificazione e al disequilibrio di zone che fino a qualche anno fa davano lavoro e garantivano la sopravvivenza, alle loro popolazioni. 

Ecosistemi che, entrando in crisi, producono anche conflitti sociali e determinano lo spostamento di intere popolazioni, al pari delle piccole e grandi guerre che ancora interessano alcuni paesi, insieme agli attacchi jihadisti che tengono in ostaggio una parte sempre più consistente della fascia del Sahel che va dal Mali alla Nigeria.

Di fronte a questo scenario, che presenta crescenti criticità socio-economiche, viene logico interrogarsi sulla tenuta delle società civili nei paesi più a rischio in un quadro per molti aspetti più difficile e precario dopo la pandemia. 
Per questo la comunità internazionale non dovrebbe dimenticare l'Africa, vittima collaterale ma non per questo minore dell'attuale guerra. Guerra che si dimostra ancora una volta, come ogni guerra, un grande male.

Marco Impagliazzo 

Migranti - Vittime dimenticate - Oltre 90 morti in naufragio di un barcone 4 giorni in mare senza soccorsi. 4 sopravvissuti.

Adnkronos
Ennesimo naufragio nel Mediterraneo centrale. Oltre 90 migranti avrebbero perso la vita in acque internazionali nel naufragio di un barcone sovraffollato partito dalla Libia diversi giorni fa. 
Foto di repertorio

Solo quattro i sopravvissuti soccorsi stamani dalla petroliera Alegria 1. Proprio i naufraghi avrebbero raccontato che a bordo del gommone erano circa un centinaio e che sarebbero rimasti in mare per almeno quattro giorni. 

Nei giorni scorsi proprio Alarm Phone aveva lanciato un sos per un'imbarcazione con una novantina di persone a bordo, le cui ricerche, però, si erano rivelate vane.